Art. 1.
Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento è emanato ai sensi dell’articolo 17 della legge 15
dicembre 1999, n. 482, in seguito denominata “legge”.
2. Il presente regolamento disciplina altresì l’attuazione della legge alla
minoranza linguistica slovena, con riferimento alle disposizioni della legge medesima
che trovano ancora applicazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della
legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante “Norme per la tutela della minoranza
linguistica slovena dalla regione Friuli-Venezia Giulia”.
3. L’ambito territoriale e sub-comunale in cui si applicano le disposizioni
di tutela di ciascuna minoranza linguistica storica previste dalla legge
coincide con il territorio in cui la minoranza è storicamente radicata e in
cui la lingua ammessa a tutela è il modo di esprimersi dei componenti della
minoranza linguistica.
4. Entro novanta giorni dal ricevimento delle richieste avanzate dai soggetti
di cui al comma 1 dell’articolo 3 della legge, i consigli provinciali,
sentiti i comuni, sono tenuti a pronunciarsi, sulla delimitazione dell’ambito
territoriale, con atto motivato. Lo stesso termine decorre dalla
comunicazione dei risultati della avvenuta consultazione di cui al comma 2
dell’articolo 3 della legge, con la quale la popolazione residente nel comune
si è pronunciata favorevolmente alla delimitazione dell’ambito territoriale
in cui si applicano le disposizioni di tutela.
5. La presenza della minoranza si presume quando il comune o parte di esso
sia incluso nella delimitazione territoriale operata da una legge statale o
regionale anteriore alla data di entrata in vigore della legge e che si
riferisca esclusivamente alle lingue ammesse a tutela dall’articolo 2 della
legge stessa.
6. Entro quindici giorni dalla adozione dei provvedimenti di delimitazione
territoriale o di variazione di essa i presidenti dei consigli provinciali ne
danno comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
per gli affari regionali e al Ministero dell’interno - Ufficio centrale per i
problemi delle zone di confine e delle minoranze etniche, nonchè al Ministero
delle comunicazioni, all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, alla
società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e alla regione
interessata.
7. Le minoranze linguistiche di cui all’articolo 2 della legge, nei casi previsti
dall’articolo 3, comma 3, della legge medesima, entro quindici giorni dalla
costituzione degli organismi di coordinamento e di proposta ne danno
comunicazione, per il riconoscimento, alle amministrazioni previste al comma
4 del presente articolo. Per gli organismi di coordinamento e di proposta già
istituiti dalle minoranze, la comunicazione avviene entro tre mesi dalla data
di entrata in vigore dal presente regolamento.
Art. 2.
Uso della lingua delle minoranze nelle scuole materne elementari e secondarie
di primo grado
1. Al fine di assicurare l’apprendimento della lingua ammessa a tutela nelle
istituzioni scolastiche di cui all’articolo 4 della legge, il Ministro della
pubblica istruzione, prima dell’inizio di ogni anno scolastico, indica i
criteri generali per l’attuazione delle misure contenute nell’articolo 4
della legge.
2. Le istituzioni scolastiche di cui all’articolo 4 della legge, nell’ambito
della propria autonomia, prevista dall’articolo 21, commi 5, 7, 8, 9, 10 e 12
della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonchè dal decreto del Presidente della
Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e dei criteri di cui al comma 1, anche
avvalendosi della collaborazione delle università delle regioni interessate,
possono avviare una fase di sperimentazione con l’attivazione di corsi di
insegnamento di cui all’articolo 4 della legge, per una durata massima di tre
anni a decorrere dalla comunicazione da parte dei consigli provinciali degli
adempimenti di cui al comma 1 dell’articolo 3 della legge medesima.
3. Dalla fase di sperimentazione, di cui al comma 2, sono escluse le
istituzioni scolastiche che già usano anche in via sperimentale una delle
lingue ammesse a tutela.
Art. 3.
Iniziative in ambito universitario e scolastico a favore della lingua delle
minoranze
1. Il Ministero della pubblica istruzione e il Ministero dell’università e
della ricerca scientifica e tecnologica favoriscono le attività di ricerca,
formazione, aggiornamento professionale ed educazione permanente a sostegno
delle finalità della legge. Essi, in sede di coordinamento ministeriale,
definiscono annualmente un quadro formativo di riferimento nel rispetto
dell’autonomia didattica delle istituzioni universitarie e scolastiche delle
regioni interessate; nell’ambito di tale quadro di riferimento le istituzioni
universitarie e scolastiche prevedono percorsi formativi specifici per
insegnanti, interpreti e traduttori e le istituzioni universitarie attivano
corsi universitari di lingua e cultura delle minoranze linguistiche di cui
all’articolo 2 della legge.
Art. 4.
Uso della lingua delle minoranze da parte dei membri dei consigli comunali,
comunità montane, province e regioni
1. Gli statuti ed i regolamenti degli enti locali ed i regolamenti interni
dei consigli regionali, nei cui territori si applicano le disposizioni di
tutela, stabiliscono le forme e le modalità degli interventi in lingua
minoritaria da parte dei membri degli organi elettivi.
2. Al fine di garantire l’immediata traduzione in lingua italiana, nei casi
previsti dall’articolo 7, comma 3, della legge, l’ente locale o la regione
assicurano la presenza di personale interprete qualificato.
3. La presenza della condizione, di cui all’articolo 7, comma 2, della legge,
deve risultare da apposite deliberazioni emanate dagli organi deliberanti.
Art. 5.
Pubblicazione degli atti ufficiali dello Stato nella lingua ammessa a tutela
1. I comuni nei territori individuati ai sensi dell’articolo 3 della legge,
si avvalgono di traduttori qualificati per la pubblicazione nella lingua
ammessa a tutela degli atti ufficiali dello Stato, delle regioni e degli enti
locali, nonchè degli enti pubblici non territoriali.
Art. 6.
Uso orale e scritto delle lingue ammesse a tutela negli uffici delle
pubbliche amministrazioni
1. In attuazione dell’articolo 9 della legge, gli uffici delle pubbliche
amministrazioni, nei comuni di cui all’articolo 3 della legge medesima,
istituiscono almeno uno sportello per i cittadini che utilizzano la lingua
ammessa a tutela e possono prevedere indicazioni scritte rivolte al pubblico,
redatte, oltre che in lingua italiana, anche nella lingua ammessa a tutela,
con pari dignità grafica.
2. Le amministrazioni pubbliche interessate, anche di concerto e nel quadro
di un programma di misure tra loro coerenti, sentite le istituzioni di cui
all’articolo 16 della legge, e nell’ambito dei criteri definiti ai sensi del
comma 1, dell’articolo 8, valutano l’opportunità di modulare gli interventi
finanziari ed organizzativi secondo esigenze omogenee connesse alla tutela
della lingua.
3. Gli uffici delle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1, per la
finalità di cui all’articolo 9, comma 2, della legge, possono anche stipulare
convenzioni con istituti pubblici di ricerca e professionali, istituzioni
scolastiche, università, ed altri soggetti istituzionali o con associazioni
senza scopo di lucro, operanti nell’ambito territoriale da almeno tre anni,
al fine di reperire e formare personale in grado di rispondere alle esigenze
previste dalla legge, ovvero consorziarsi tra loro per le suddette medesime
finalità.
4. Per gli atti aventi effetti giuridici ha efficacia solo il testo in lingua
italiana. In attuazione dell’articolo 9 della legge, gli enti locali, nei cui
territori si applicano le disposizioni di tutela, disciplinano l’uso scritto
ed orale della lingua ammessa a tutela nelle rispettive amministrazioni.
Tutte le forme di pubblicità degli atti previsti da leggi sono effettuate in
lingua italiana, ferma la possibilità di effettuarle anche nella lingua
ammessa a tutela.
Art. 7.
Riconoscimento del diritto al ripristino dei nomi originari
1. La domanda, il provvedimento, le copie relative, gli scritti e i documenti
prodotti ai fini dell’articolo 11 della legge sono esenti da ogni tassa.
Copia del decreto di ripristino del nome o del cognome è trasmessa dal prefetto
al sindaco del comune di residenza, che ne dà comunicazione agli uffici e
alle amministrazioni interessati, nonchè all’ufficiale dello stato civile,
perchè si provveda alle annotazioni di cui all’articolo 94, comma 1, del
decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396,
limitatamente, per quanto concerne i discendenti maggiorenni, a coloro che
abbiano prestato il proprio consenso. Il consenso è prestato mediante
esplicita dichiarazione, accompagnata da copia fotostatica di un documento di
identità che viene allegata alla domanda.
Art. 8.
Procedure di finanziamento
1. Entro il 15 febbraio di ogni anno il Presidente del Consiglio dei
Ministri, sentito il Comitato consultivo di cui all’articolo 12 del presente
regolamento, definisce con decreto i criteri per la ripartizione dei fondi
previsti dagli articoli 9 e 15 della legge, sentita la Conferenza unificata
di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
2. Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici a
carattere nazionale, trasmettono, entro il termine perentorio del 30 giugno
di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per
gli affari regionali, un programma dettagliato degli interventi relativi agli
adempimenti previsti dall’articolo 9 della legge, quantificando
contestualmente il fabbisogno.
3. Gli enti locali, le camere di commercio e le aziende sanitarie locali
trasmettono, alle regioni di cui al comma 4, entro il termine perentorio del
30 giugno di ogni anno, un programma dettagliato degli interventi relativi
agli adempimenti previsti dalla legge, quantificando contestualmente il
fabbisogno.
4. Ai fini della istruttoria relativa alle richieste di finanziamento, la
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari
regionali, stipula con le regioni interessate per territorio specifici
protocolli d’intesa in ordine ai progetti redatti dai soggetti di cui al
comma 3. Detti protocolli possono prevedere che l’erogazione dei
finanziamenti avvenga per il tramite delle regioni stesse.
5. Ciascuna regione di cui al comma 4, entro il termine perentorio del 30
settembre di ogni anno, trasmette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
i progetti di cui al comma 3, con le modalità previste dai protocolli d’intesa,
corredati delle proprie osservazioni, con particolare riguardo alla
compatibilità, nonchè alla coerenza dei progetti stessi con la legislazione
regionale eventualmente più favorevole in materia. Congiuntamente a detti
progetti la regione unisce quello relativo agli interventi regionali.
6. Entro il 31 ottobre di ogni anno, con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri sono ripartite le somme previste dagli articoli 9 e 15 della
legge.
7. Entro il 31 dicembre di ogni anno, la Presidenza del Consiglio dei
Ministri provvede alla liquidazione delle somme spettanti ed al loro
trasferimento ai soggetti di cui ai commi precedenti, nel rispetto delle
modalità previste dal presente articolo.
8. Le regioni provvedono entro quarantacinque giorni al trasferimento dei
fondi spettanti ai soggetti che hanno trasmesso i progetti degli interventi
ai sensi del comma 3.
9. Qualora una o più regioni non aderiscano ai protocolli d’intesa di cui al
comma 4, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli
affari regionali, provvede direttamente all’espletamento dei compiti relativi
all’istruttoria dei progetti ed alla relativa erogazione dei finanziamenti ai
soggetti di cui al comma 3.
10. La rendicontazione prevista dall’articolo 15, comma 3, della legge deve
essere accompagnata da una relazione esplicativa dei motivi degli interventi
che si intendono realizzare e di quelli attuati nell’anno precedente, e dei
risultati conseguiti.
Art. 9.
Toponomastica
1. L’applicazione dell’articolo 10 della legge, è disciplinata dagli statuti
e dai regolamenti degli enti locali interessati.
2. Nel caso siano previsti segnali indicatori di località anche nella lingua
ammessa a tutela, si applicano le normative del codice della strada, con pari
dignità grafica delle due lingue.
Art. 10.
Interpreti e traduttori
1. In materia di incarichi agli interpreti e ai traduttori, si applicano le
disposizioni vigenti legislative e contrattuali, anche sotto il profilo del
trattamento economico.
Art. 11.
Contratto di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico
radiotelevisivo
1. Nell’ambito delle finalità di cui all’articolo 12 della legge, la
convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la società concessionaria
del servizio pubblico radiotelevisivo, e il conseguente contratto di servizio
individuano, di preferenza nel territorio di appartenenza di ciascuna
minoranza, la sede della società stessa cui sono attribuite le attività di
tutela della minoranza, nonché il contenuto minimo della tutela, attraverso
la prevista attuazione per ciascuna lingua minoritaria di una delle misure
oggetto delle previsioni di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a) della
Carta europea delle lingue regionali e minoritarie.
2. La convenzione ed il contratto di servizio in corso vengono adeguati, in
sede di prima attuazione a quanto previsto dal comma 1.
Art. 12.
Comitato tecnico consultivo
1. Il Ministro per gli affari regionali almeno due volte l’anno consulta, ai
fini della applicazione della legge, l’apposito Comitato tecnico consultivo,
istituito con proprio decreto il 17 marzo 2000.
Art. 13.
Disposizioni transitorie
1. Nella prima fase di applicazione del presente regolamento, i termini di
cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 8, sono fissati in tre mesi dalla data di
entrata in vigore del presente regolamento; i termini di cui ai commi 5, 6,
7, del medesimo articolo 8 sono fissati, rispettivamente, in quattro, cinque
e sette mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.
2. Il presente regolamento si applica alla minoranza linguistica slovena fino
alla completa operatività della legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante “Norme
per la tutela della minoranza linguistica slovena nella regione
Friuli-Venezia Giulia”.
3. Entro un anno dalla sua entrata in vigore il presente regolamento è
sottoposto a revisione. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato,
sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Note
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato è redatto dall’amministrazione competente
per materia, ai sensi dell’art. 10, comma 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del
Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica
italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di
facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il
rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui
trascritti.
Note alle premesse:
- L’art. 6 della Costituzione cita: “La Repubblica tutela con apposite norme
le minoranze linguistiche.”
- L’art. 87, comma quinto, della Costituzione, conferisce al Presidente della
Repubblica il potere di promulgare leggi e di emanare i decreti aventi valore
di legge e i regolamenti.
- Il testo del comma 1, dell’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è il
seguente: “1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di
Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono
essere emanati regolamenti per disciplinare:
a) l’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti
comunitari;
b) l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei decreti legislativi
recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla
competenza regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi
forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla
legge;
d) l’organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche
secondo le disposizioni dettate dalla legge;
e) (lettera soppressa)”.
- La legge 15 dicembre 1999, n. 482, è stata pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999.
- L’art. 17 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, cita: “Le norme
regolamentari di attuazione della presente legge sono adottate entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della medesima, sentite le regioni
interessate.”.
Note all’art. 1:
- Per l’art. 17, della legge 15 dicembre 1999, n. 482, è riportato nelle note
alle premesse.
- Si riporta il testo del comma 2, dell’art. 1, della legge 23 febbraio 2001,
n. 38:
“2. Ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena si
applicano le disposizioni della legge 15 dicembre 1999, n. 482, salvo quanto
espressamente previsto dalla presente legge.”.
- Il testo dell’intero art. 3, della legge 15 dicembre 1999, n. 48, è riportato
nella nota all’art. 5.
- Si riporta il testo dell’art. 2, della legge 15 dicembre 1999, n. 482:
“Art. 2. - 1. In attuazione dell’art. 6 della Costituzione e in armonia con i
principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica
tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane,
germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il
franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.”.
- Si riporta il testo del comma 3, dell’art. 3, della legge 15 dicembre 1999,
n. 482:
“3. Quando le minoranze linguistiche di cui all’art. 2 si trovano distribuite
su territori provinciali o regionali diversi, esse possono costituire
organismi di coordinamento e di proposta, che gli enti locali interessati
hanno facoltà di riconoscere.”.
Note all’art. 2:
- Si riporta il testo dell’art. 4, della legge 15 dicembre 1999, n. 482:
“Art. 4. - 1. Nelle scuole materne dei comuni di cui all’art. 3, l’educazione
linguistica prevede, accanto all’uso della lingua italiana, anche l’uso della
lingua della minoranza per lo svolgimento delle attività educative. Nelle
scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo grado è previsto l’uso
anche della lingua della minoranza come strumento di insegnamento.
2. Le istituzioni scolastiche elementari e secondarie di primo grado, in
conformità a quanto previsto dall’art. 3, comma 1, della presente legge,
nell’esercizio dell’autonomia organizzativa e didattica di cui all’art. 21,
commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti dell’orario
curriculare complessivo definito a livello nazionale e nel rispetto dei
complessivi obblighi di servizio dei docenti previsti dai contratti
collettivi, al fine di assicurare l’apprendimento della lingua della minoranza,
deliberano, anche sulla base delle richieste dei genitori degli alunni, le
modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e delle
tradizioni culturali delle comunità locali, stabilendone i tempi e le
metodologie, nonchè stabilendo i criteri di valutazione degli alunni e le
modalità di impiego di docenti qualificati.
3. Le medesime istituzioni scolastiche di cui al comma 2, ai sensi dell’art.
21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sia singolarmente sia in
forma associata, possono realizzare ampliamenti dell’offerta formativa in
favore degli adulti. Nell’esercizio dell’autonomia di ricerca,
sperimentazione e sviluppo, di cui al citato art. 21, comma 10, le
istituzioni scolastiche adottano, anche attraverso forme associate, iniziative
nel campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali degli
appartenenti ad una minoranza linguistica riconosciuta ai sensi degli
articoli 2 e 3 della presente legge e perseguono attività di formazione e
aggiornamento degli insegnanti addetti alle medesime discipline. A tale scopo
le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni ai sensi dell’art.
21, comma 12, della citata legge n. 59 del 1997.
4. Le iniziative previste dai commi 2 e 3 sono realizzate dalle medesime
istituzioni scolastiche avvalendosi delle risorse umane a disposizione, della
dotazione finanziaria attribuita ai sensi dell’art. 21, comma 5, della legge
15 marzo 1997, n. 59, nonché delle risorse aggiuntive reperibili con
convenzioni, prevedendo tra le priorità stabilite dal medesimo comma 5 quelle
di cui alla presente legge. Nella ripartizione, delle risorse di cui al
citato comma 5 dell’art. 21 della legge n. 59 del 1997, si tiene conto delle
priorità aggiuntive di cui al presente comma.
5. Al momento della preiscrizione i genitori comunicano alla istituzione
scolastica interessata se intendono avvalersi per i propri figli
dell’insegnamento della lingua della minoranza.”.
- Si riporta il testo dei commi 5, 7, 8, 9, 10 e 12, dell’art. 21, della
legge 15 marzo 1997, n. 59:
“5. La dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche già in
possesso di personalità giuridica e di quelle che l’acquistano ai sensi del
comma 4 è costituita dall’assegnazione dello Stato per il funzionamento
amministrativo e didattico, che si suddivide in assegnazione ordinaria e
assegnazione perequativa. Tale dotazione finanziaria è attribuita senza altro
vincolo di destinazione che quello dell’utilizzazione prioritaria per lo
svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento
proprie di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola.
(Omissis).
7. Le istituzioni scolastiche che abbiano conseguito personalità giuridica e
autonomia ai sensi del comma 1 e le istituzioni scolastiche già dotate di
personalità e autonomia, previa realizzazione anche per queste ultime delle
operazioni di dimensionamento di cui al comma 4, hanno autonomia
organizzativa e didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema nazionale
di istruzione e degli standard di livello nazionale.
8. L’autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della
flessibilità, della diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del
servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e
delle strutture, all’introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento
con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante
superamento dei vincoli in materia di unità oraria della lezione,
dell’unitarietà del gruppo classe e delle modalità di organizzazione e impiego
dei docenti, secondo finalità di ottimizzazione delle risorse umane,
finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, fermi restando i giorni di
attività didattica annuale previsti a livello nazionale, la distribuzione
dell’attività didattica in non meno di cinque giorni settimanali, il rispetto
dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai
contratti collettivi che possono essere assolti invece che in cinque giorni
settimanali anche sulla base di un’apposita programmazione plurisettimanale.
9. L’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi
generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di
insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del
diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di
metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare
nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni
iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l’eventuale
offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto
delle esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di quanto
disposto dall’art. 1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono
definiti criteri per la determinazione degli organici funzionali di istituto,
fermi restando il monte annuale orario complessivo previsto per ciascun
curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività
indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l’obbligo
di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della
produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi.
10. Nell’esercizio dell’autonomia organizzativa e didattica le istituzioni
scolastiche realizzano, sia singolarmente che in forme consorziate,
ampliamenti dell’offerta formativa che prevedano anche percorsi formativi per
gli adulti, iniziative di prevenzione dell’abbandono e della dispersione
scolastica, iniziative di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie
anche in orari extrascolastici e ai fini di raccordo con il mondo del lavoro,
iniziative di partecipazione a programmi nazionali, regionali o comunitari e,
nell’ambito di accordi tra le regioni e l’amministrazione scolastica, percorsi
integrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni scolastiche autonome
hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo nei limiti del
proficuo esercizio dell’autonomia didattica e organizzativa. Gli istituti
regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, il Centro
europeo dell’educazione, la biblioteca di documentazione pedagogica e le
scuole ed istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo II, capo
III, del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n.
297, sono riformati come enti finalizzati al supporto dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche autonome.
(Omissis).
12. Le università e le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni
allo scopo di favorire attività di aggiornamento, di ricerca e di
orientamento scolastico e universitario.”.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, è stato
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 186 del 10
agosto 1999.
- Per il testo del comma 1, dell’art. 3, della legge 15 dicembre 1999, n.
482, si veda nelle note all’art. 5.
Nota all’art. 3:
- L’art. 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, è riportato nelle note
all’art. 1.
Nota all’art. 4:
- Si riporta il testo dei commi 2 e 3, dell’art. 7, della legge 15 dicembre
1999, n. 482:
“2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì ai consiglieri delle
comunità montane, delle province e delle regioni, i cui territori
ricomprendano comuni nei quali è riconosciuta la lingua ammessa a tutela, che
complessivamente costituiscano almeno il 15 per cento della popolazione
interessata.
3. Qualora uno o più componenti degli organi collegiali di cui ai commi 1 e 2
dichiarino di non conoscere la lingua ammessa a tutela, deve essere garantita
una immediata traduzione in lingua italiana.”.
Nota all’art. 5:
Si riporta il testo dell’art. 3 della legge 15 dicembre 1999, n. 482:
“Art. 3. - 1. La delimitazione dell’ambito territoriale e subcomunale in cui
si applicano le disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche storiche
previste dalla presente legge è adottata dal consiglio provinciale, sentiti i
comuni interessati, su richiesta di almeno il quindici per cento dei
cittadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni stessi,
ovvero di un terzo dei consiglieri comunali dei medesimi comuni.
2. Nel caso in cui non sussista alcuna delle due condizioni di cui al comma 1
e qualora sul territorio comunale insista comunque una minoranza linguistica
ricompresa nell’elenco di cui all’art. 2, il procedimento inizia qualora si
pronunci favorevolmente la popolazione residente, attraverso apposita
consultazione promossa dai soggetti aventi titolo e con le modalità previste
dai rispettivi statuti e regolamenti comunali.
3. Quando le minoranze linguistiche di cui all’art. 2 si trovano distribuite
su territori provinciali o regionali diversi, esse possono costituire
organismi di coordinamento e di proposta, che gli enti locali interessati
hanno facoltà di riconoscere.”.
Note all’art. 6:
Il testo dell’art. 9 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, è il seguente:
“Art. 9. - 1. Fatto salvo quanto previsto dall’art. 7, nei comuni di cui
all’art. 3 è consentito, negli uffici delle amministrazioni pubbliche, l’uso
orale e scritto della lingua ammessa a tutela. Dall’applicazione del presente
comma sono escluse le Forze armate e le Forze di polizia dello Stato.
2. Per rendere effettivo l’esercizio delle facoltà di cui al comma 1, le
pubbliche amministrazioni provvedono, anche attraverso convenzioni con altri
enti, a garantire la presenza di personale che sia in grado di rispondere
alle richieste del pubblico usando la lingua ammessa a tutela. A tal fine è
istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per
gli affari regionali, un Fondo nazionale per la tutela delle minoranze
linguistiche con una dotazione finanziaria annua di L. 9.800.000.000 a
decorrere dal 1999. Tali risorse, da considerare quale limite massimo di
spesa, sono ripartite annualmente con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, sentite le amministrazioni interessate.
3. Nei procedimenti davanti al giudice di pace è consentito l’uso della
lingua ammessa a tutela. Restano ferme le disposizioni di cui all’art. 109
del codice di procedura penale.”.
- L’art. 3 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, è riportato nella nota
all’art. 5.
- Si riporta il testo dell’art. 16, della legge 15 dicembre 1999, n. 482:
“Art. 16. - 1. Le regioni e le province possono provvedere, a carico delle
proprie disponibilità di bilancio, alla creazione di appositi istituti per la
tutela delle tradizioni linguistiche e culturali delle popolazioni
considerate dalla presente legge, ovvero favoriscono la costituzione di
sezioni autonome delle istituzioni culturali locali già esistenti.”.
Note all’art. 7:
Si riporta il testo dell’art. 11, della legge 15 dicembre 1999, n. 482:
“Art. 11. - 1. I cittadini che fanno parte di una minoranza linguistica
riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 e residenti nei comuni di cui al
medesimo art. 3, i cognomi o i nomi dei quali siano stati modificati prima
della data di entrata in vigore della presente legge o ai quali sia stato
impedito in passato di apporre il nome di battesimo nella lingua della
minoranza, hanno diritto di ottenere, sulla base di adeguata documentazione,
il ripristino degli stessi in forma originaria. Il ripristino del cognome ha
effetto anche per i discendenti degli interessati che non siano maggiorenni o
che, se maggiorenni, abbiano prestato il loro consenso.
2. Nei casi di cui al comma 1 la domanda deve indicare il nome o il cognome
che si intende assumere ed è presentata al sindaco del comune di residenza
del richiedente, il quale provvede d’ufficio a trasmetterla al prefetto,
corredandola di un estratto dell’atto di nascita. Il prefetto, qualora ricorrano
i presupposti previsti dal comma 1, emana il decreto di ripristino del nome o
del cognome. Per i membri della stessa famiglia il prefetto può provvedere
con un unico decreto. Nel caso di reiezione della domanda, il relativo
provvedimento può essere impugnato, entro trenta giorni dalla comunicazione,
con ricorso al Ministro di grazia e giustizia, che decide previo parere del
Consiglio di Stato. Il procedimento è esente da spese e deve essere concluso
entro novanta giorni dalla richiesta.
3. Gli uffici dello stato civile dei comuni interessati provvedono alle
annotazioni conseguenti all’attuazione delle disposizioni di cui al presente
articolo. Tutti gli altri registri, tutti gli elenchi e ruoli nominativi sono
rettificati d’ufficio dal comune e dalle altre amministrazioni competenti.”.
- Si riporta il testo del comma 1, dell’art. 94, del decreto del Presidente
della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396:
“1. I decreti che autorizzano il cambiamento o la modificazione del nome o
del cognome devono essere annotati, su richiesta degli interessati, nell’atto
di nascita del richiedente, nell’atto di matrimonio del medesimo e negli atti
di nascita di coloro che ne hanno derivato il cognome. L’ufficiale dello
stato civile del luogo di residenza, se la nascita o il matrimonio è avvenuto
in altro comune, deve dare prontamente avviso del cambiamento o della
modifica all’ufficiale dello stato civile del luogo della nascita o del
matrimonio, che deve provvedere ad analoga annotazione.”.
Note all’art. 8:
- Il testo dell’art. 9 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, è riportato
nelle note all’art. 6.
- Si riporta il testo dell’art. 15, della legge 15 dicembre 1999, n. 482:
“Art. 15. - 1. Oltre a quanto previsto dagli articoli 5, comma 1, e 9, comma
2, le spese sostenute dagli enti locali per l’assolvimento degli obblighi
derivanti dalla presente legge sono poste a carico del bilancio statale entro
il limite massimo complessivo annuo di lire 8.700.000.000 a decorrere dal
1999.
2. L’iscrizione nei bilanci degli enti locali delle previsioni di spesa per
le esigenze di cui al comma 1 è subordinata alla previa ripartizione delle
risorse di cui al medesimo comma 1 tra gli enti locali interessati, da
effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
3. L’erogazione delle somme ripartite ai sensi del comma 2 avviene sulla base
di una appropriata rendicontazione, presentata dall’ente locale competente,
con indicazione dei motivi dell’intervento e delle giustificazioni circa la
congruità della spesa.”.
- Il testo dell’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, cita:
“Art. 8 (Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata).
- 1. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie
ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e
delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni.
2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente
del Consiglio dei Ministri o per sua delega, dal Ministro dell’interno o dal
Ministro per gli affari regionali, ne fanno parte altresì il Ministro del
tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle
finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il
presidente dell’Associazione nazionale dei comuni d’Italia - ANCI, il
presidente dell’Unione province d’Italia. UPI ed il presidente dell’Unione
nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre
quattordici sindaci designati dall’ANCI e sei presidenti di provincia
designati dall’UPI. Dei quattordici sindaci designati dall’ANCI cinque
rappresentano le città individuate dall’art. 17 della legge 8 giugno 1990, n.
142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché
rappresentanti di amministrazioni statali, locali o enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre
mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità e
qualora ne faccia richiesta il presidente dell’ANCI, dell’UPI o dell’UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del
Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del
Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari
regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell’interno.”.
- L’art. 9, della legge 15 dicembre 1999, n. 482, è riportato nelle note
all’art. 6.
Nota all’art. 9:
- Il testo dell’art. 10, della legge 15 dicembre 1999, n. 482, è il seguente:
“Art. 10. - 1. Nei comuni di cui all’art. 3, in aggiunta ai toponimi
ufficiali, i consigli comunali possono deliberare l’adozione di toponimi
conformi alle tradizioni e agli usi locali.”.
Note all’art. 11:
Si riporta il testo dell’art. 12, della legge 15 dicembre 1999, n. 482:
“Art. 12. - 1. Nella convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la
società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e nel
conseguente contratto di servizio sono assicurate condizioni per la tutela
delle minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza.
2. Le regioni interessate possono altresì stipulare apposite convenzioni con
la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per
trasmissioni giornalistiche o programmi nelle lingue ammesse a tutela,
nell’ambito delle programmazioni radio foniche e televisive regionali della
medesima società concessionaria; per le stesse finalità le regioni possono
stipulare appositi accordi con emittenti locali.
3. La tutela delle minoranze linguistiche nell’ambito del sistema delle
comunicazioni di massa è di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni di cui alla legge 31 luglio 1997, n. 249, fatte salve le
funzioni di indirizzo della commissione parlamentare per l’indirizzo generale
e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.”.
- Si riporta il testo della lettera a), del comma 1, dell’art. 11, della
Carta europea delle lingue regionali e minoritarie (firmata dall’Italia in
data 27 giugno 2000 ed in attesa di ratifica):
“1. Le parti si impegnano, nei confronti dei locutori delle lingue regionali
o minoritarie nei territori dove queste lingue sono usate, secondo la
situazione di ciascuna, nella misura in cui l’amministrazione pubblica abbia,
in maniera diretta o indiretta, competenza, potere o un ruolo in questo campo
e rispetta ndo i principi di indipendenza e di autonomia dei mass-media:
a) nella misura in cui la radio e la televisione abbiano una funzione di
servizio pubblico:
i) ad assicurare la creazione di almeno una emittente radiofonica e di un
canale televisivo nelle lingue regionali o minoritarie, oppure
ii) a incoraggiare e/o facilitare la creazione di almeno una emittente
radiofonica e di un canale televisivo nelle lingue regionali o minoritarie,
oppure
iii) a prendere adeguati provvedimenti affinché gli enti radiotelevisivi
programmino delle trasmissioni nelle lingue regionali o minoritarie.”.
|